Torna in Sicilia, dopo 20 anni di attività in Canada, il chirurgo di origine catanese Goffredo Arena. Prende la direzione della chirurgia oncologica della Fondazione Giglio di Cefalù.
Il suo è un ritorno, a 46 anni, nell’Isola che gli ha dato i natali, dopo essere stato professore associato di chirurgia e patologia alla McGill University e da chirurgo al St. Mary’s Hospital e Royal Victoria Hospital di Montreal dove è stato impegnato non solo nella chirurgia oncologica ma anche nei trapianti di fegato, rene e pancreas.
“In un momento in cui assistiamo a tanti giovani che lasciano la nostra terra – ha detto il presidente della Fondazione Giglio, Giovanni Albano - per noi il ritorno di un professionista di altissimo profilo scientifico rappresenta uno straordinario risultato di cui siamo orgogliosi”.
Il presidente Albano ha anche anticipato “che è obiettivo della Fondazione Giglio realizzare una scuola di chirurgia laparoscopica e robotica in ambito oncologico, ginecologico e urologico”.
“Oggi per me - ha aggiunto Goffredo Arena - non è il rientro di un cervello, espressione che non mi è mai piaciuta, ma è un cuore che torna nella sua terra, con un entusiasmo rinfocolato dalle grandi potenzialità che la Sicilia può esprimere”.
Arena si è specializzato nella lotta ai tumori, proponendo un modello teorico alternativo all’attuale “modello metastatico”.
La sfida “al male del secolo”, per il neo responsabile della chirurgia del Giglio, nasce con la perdita della madre, a soli 54 anni, a cui venne diagnosticato un tumore del colon già metastatico al fegato. Da qui il suo impegno nel trovare una spiegazione scientifica “a un evento cosi devastante”. Nel nord America, a McGill, ha diretto un laboratorio di ricerca sui tumori.
I suoi studi si sono concentrati sulla teoria del trasferimento orizzontale delle caratteristiche maligne. Nel 2015 ha depositato un brevetto sullo screening precoce sul cancro il “MaterD” (Metastatic and Transforming Elements Released Discovery Platform) capace di identificare i tumori ancor prima che si formino.
"Ho voluto - ha detto Arena - donare all’umanità questo brevetto rendendolo pubblico rinunciando a tutti diritti economici. Al momento è ancora una piattaforma biologica - ha sottolineato - che dovrà essere sviluppata e testata per diventare test biochimico da mettere a servizio di tutto.
“A Cefalù porterò quella ricerca e non solo: ho condiviso - ha aggiunto - con il presidente Albano il desiderio di realizzare un laboratorio dove poter continuare il nostro lavoro per sconfiggere il cancro”.
La chirurgia di Arena, che ha al suo attivo circa 6 mila interventi, e della sua equipe sarà oncologica a 360 gradi inclusa quella più complessa.
“Desidero avviare - ha anticipato Arena - una scuola di chirurgia pratica e non teorica, al passo con i tempi. In Canada mi sono occupato di addestramento chirurgico: molti miei allievi sono diventati professori universitari e alcuni sono autorità mondiali nei loro campi. Il trasferimento della conoscenza è – per il neo responsabile della chirurgia di Cefalù - un dovere. Addestrando, infatti, si tocca indirettamente la vita di persone che mai si incontreranno, perché saranno le mani di altri medici, da me formati, ad operarli. In questo modo, trasferendo le proprie conoscenze alle nuove generazioni, si diventa il futuro del futuro”, ha chiosato.
55 vl/com 2019
INTERVENTO RARO E ALTO RISCHIO ESEGUITO DA EQUIPE MULTIDISCIPLINARE CON RIGATTI E VEROUX
PAZIENTE DIMESSO IN OTTIME CONDIZIONI. SALVAGUARDATA FUNZIONALITÀ RENALE
Un intervento quanto raro che complesso e ad altro rischio per l’insieme di patologie che interessavano lo stesso organo, nel caso specifico il rene, che per una malformazione congenita, si presentava a ferro di cavallo, è stato eseguito da un equipe multidisciplinare composta da urologi e chirurghi vascolari all’ospedale Giglio di Cefalù.
Nel paziente, 58 enne, d’origine siciliana ma residente da oltre quarant’anni nel milanese, i sanitari oltre ad aver verificato la presenza di un rene a forma di ferro di cavallo avevano diagnosticato un tumore e una cisti sul rene sinistro, un aneurisma dell’aorta addominale infiammatoria, posta nel punto di contatto tra i due reni (che disegnavano un ferro di cavallo) con anomalie vascolari renali multiple.
“In una casistica di 50 mila interventi chirurgici eseguiti nella mia carriera – dice il professore Patrizio Rigatti, tra i padri dell’urologia italiana – questo è il primo caso di un paziente con più “malformazioni” in concomitanza in un solo organo”. “E’ stato pertanto necessario – ha aggiunto professore Pierfrancesco Veroux, chirurgo vascolare - pianificare una strategia preoperatoria molto precisa, per risolvere le patologie riscontrate e mirare al mantenimento della funzionalità renale. L’eccezionalità dell’intervento – afferma Veroux – sta, infatti, nella strategia conservativa”. Il paziente non dovrà andare in dialisi, entrambi i reni, che sono stati divisi, sono stati salvaguardati.
“Una perfetta compliance tra le due equipe – dicono Rigatti e Veroux – ha consentito il successo del risultato”. Il paziente è stato dimesso in ottime condizioni dopo pochi giorni di degenza.
“Rilevante – sottolineano i chirurghi – il supporto degli anestesisti, diretti da Giovanni Malta, sia durante l’intervento, durato 8 ore, in anestesia totale, che per il post operatorio, in terapia intensiva e in reparto”.
“Professionisti di alto livello, tecnologie, gestione dell’ammalato – rileva il direttore generale Vittorio Virgilio – sono oggi un mix perfetto in questo ospedale. La sinergia tra le unità operative ci consente di supportare un’importante quanto complessa attività operatoria”.
L’intervento è stato eseguito in due fasi successive. In breve, nella prima parte gli urologi hanno effettuato una resezione parziale del rene contenete la neoformazione e successivamente separato i due reni permettendo così all’equipe vascolare di poter accedere al sottostante aneurisma, la cui parte più dilatata, di circa 12 centimetri, era estesa sino alle arterie iliache.
“”In pratica – spiega Rigatti – le arterie del rene sano, quello di destra sono stata staccate dall’aneurisma, come avviene per i trapianti, e attaccate sulla protesi aorto bisiliaca. Per qualche ora il rene destro è rimasto senza apporto sanguigno, mentre è stata mantenuta la funzionalità del rene sinistro dove è stato eliminato il tumore e la ciste di 5 centimetri”.
I vascolari a questo punto, oltre al trattamento del voluminoso aneurisma della aorta addominale, hanno ricostruito tre vasi renali che nascevano direttamente dal tratto aneurismatico della aorta. Un passaggio, ritenuto dai sanitari, ad alto rischio per il mantenimento della funzionalità renale.
“A tal fine – evidenzia il professor Veroux – è stata impiegata una tecnica operatoria di protezione del parenchima renale con la perfusione di soluzione a quattro gradi, raffreddamento esterno al rene e soprattutto una rapidità di esecuzione della ricostruzione vascolare (anastomosi)”.
Il paziente è stato dimesso dopo dieci giorni con i parametri nella norma. Il decorso post operatorio, è stato caratterizzato da una ripresa immediata della funzione renale, senza la necessita di ricorrere a sedute dialitiche.
In sala operatoria con Rigatti e Veroux hanno collaborato Salvino Biancorosso, Giuseppe Salamone e Alessia Giaquinta.
In occasione della visita di controllo il paziente ha voluto pubblicamente ringraziare i medici del Giglio. “E’ stata un’ottima esperienza. Sono arrivato a Cefalù – dice il paziente Salvatore B. - attratto dalla buona nomea dell’ospedale. Mi avevano detto che era al top. Mi sono fidato e, da Milano dove vivo dal 1961, praticamente da bambino, sono tornato, in un momento difficile della mia vita, nella regione natale”.
Il direttore sanitario Giuseppe Ferrara si è detto soddisfatto per i risultati clinici raggiunti dall’ospedale di Cefalù sottolineando “l’alta professionalità dei chirurghi che operano al Giglio”.
20 vl/com 2015
La Fondazione Istituto San Raffaele G. Giglio di Cefalù, oggi Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù, veniva istituita il 17 gennaio del 2003 attraverso una joint venture tra la Regione Siciliana, il Comune di Cefalù, l'Azienda USL 6 di Palermo, oggi Asp, e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano. Rappresentava uno dei primi modelli in Italia di sperimentazione pubblica-privata per la gestione di un ospedale pubblico, secondo quanto previsto dall'articolo 9 bis della legge n. 502 del 1992.
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