Diretta da: | ![]() |
Ing. Daniela Salvaggio |
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Collaboratori: | ![]() |
Francesco Brocato |
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Giuseppe Culotta | |
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Roberto Lo Forte | |
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Gianfranco Messina | |
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Vincenzo Fraterrigo | |
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Il 5x1000 è una quota dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) che ogni contribuente può destinare, senza alcun costo, a un ente, una fondazione, una associazione ammessa, in un apposito elenco, dall’Agenzia delle Entrate.
Se la destinazione della quota del 5x1000 non viene indicata dal contribuente, viene comunque trattenuta dallo stato.
E’ consentita una sola scelta di destinazione.
La scelta di destinazione del 5 x mille non influisce su quella dell’8 per mille.
Non sono in alcun modo alternative fra loro.
Per destinare il 5x1000 al "San Raffaele Giglio di Cefalù" occorre indicare il codice fiscale 05205490823 nel riquadro del modello di dichiarazione dei redditi: Unico o 730 o nella scheda CUD, destinato al "Sostegno del volontariato e delle Fondazioni riconosciute".
La polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP) è una malattia del sistema nervoso periferico. I sintomi includono intorpidimento e parestesie che iniziano alle dita delle mani e dei piedi e poi si diffondono risalendo verso il tronco, debolezza soprattutto a livello distale dei 4 arti, perdita dei riflessi osteotendinei, sensazione di fatica, progressiva riduzione delle masse muscolari.
Il decorso della malattia è estremamente variabile, esistendo forme caratterizzate da fasi di riacutizzazione e di remissione e forme in cui la malattia progredisce lentamente. La malattia è verosimilmente causata da un processo infiammatorio cronico innescato da un'alterazione del sistema immunitario che reagisce contro i costituenti della mielina che riveste i nervi periferici.
Attualmente sono a disposizione dei farmaci per il trattamento della CIDP, che agiscono come anti-infiammatori come il cortisone, immunomodulatori come le immunoglobuline endovenose e la plasmaferesi (che rimuove eventuali anticorpi patogeni dal sangue), ed immunosoppressori come l'azatioprina.
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Mano ad artiglio senza capacità flesso-estensoria delle dita |
Questo è il caso di un robusto ed ancora atletico ex-lottatore di lotta greco-romana che circa 8 anni fa notò la comparsa di impaccio e lievi difficoltà nell'usare la mano sinistra. Due anni dopo l'impaccio si estese anche alla mano destra: le due mani cominciarono a dimagrire progressivamente, perdendo i cosiddetti muscoli interossei (quelli del dorso delle mani), specialmente il primo muscolo interosseo dorsale (fra il pollice e l'indice). Le difficoltà nell'uso delle mani è nel tempo progressivamente peggiorata con graduale perdita di forza, fino a determinare l'incapacità quasi totale a svolgere compiti che richiedono una fine manualità, come abbottonare un bottone, allacciare le scarpe ed altro.
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Recupero dell'estensione della mano dopo il trattamento |
Per questi disturbi il paziente nel 2000 aveva eseguito un esame elettromiografico che risultava compatibile con una patologia degenerativa dei neuroni motori, dei nervi, cioè, che dovevano stimolare i muscoli a muoversi. Il sospetto di una malattia del motoneurone (una malattia molto grave per cui non esiste trattamento e che in genere conduce a morte nel giro di 3-4 anni) veniva giudicato improbabile per la lenta progressione della malattia. Negli ultimi due anni si sono aggiunti affaticamento e debolezza anche alle gambe, con crampi ai polpacci. Per tali problemi il paziente è stato ricoverato presso il nostro reparto nell'agosto 2005.
All'ingresso il paziente era incapace di estendere le dita delle mani che erano mantenute in atteggiamento di flessione forzata. Gli accertamenti effettuati (elettromiografia, esame del liquido spinale, riscontro di anticorpi circolanti anti-GM1 in grado di danneggiare i nervi periferici) suggerivano la diagnosi di una neuropatia motoria infiammatoria cronica, una rara malattia verosimilmente su base autoimmunitaria suscettibile di trattamento farmacologico.
Il paziente è stato trattato inizialmente con cortisone per via endovenosa ad alte dosi (2 grammi al giorno) per 5 giorni. Già alla fine di questo primo ciclo si è apprezzato un discreto miglioramento della forza della muscolatura intrinseca delle mani, soprattutto nell'estensione delle dita.
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Recupero della funzionalità flessoria della mano |
Il paziente è poi rientrato in reparto il 10 ottobre 2005 per eseguire un'ulteriore procedura di plasma-exchange per 5 giorni (un "lavaggio" del sangue al fine di rimuovere gli anticorpi contro i nervi periferici). Al termine del ciclo di plasma-exchange il paziente ha riferito una riduzione del senso di fatica alle gambe, ed anche sul piano obiettivo si è apprezzato un ulteriore miglioramento della forza a carico dei muscoli delle mani: adesso riesce ad estendere le mani contro gravità e ad opporre una certa resistenza alla forza dell'esaminatore. Non sono ancora ritornate le capacità eseguire movimenti fini con le punte delle dita. Nuovi cicli terapeutici sono programmati nell'immediato futuro per migliorare ulteriormente il quadro clinico.
Viene definita anche scompenso cardiaco, ed è una condizione in cui i ventricoli (destro e sinistro) non riescono a contrarsi o rilasciarsi in maniera normale e pertanto non riescono a pompare fuori tutto il sangue che ricevono.
Ciò determina una dilatazione di queste camere e delle vene che portano il sangue al cuore e, nelle fasi più avanzate , accumulo di liquidi in diverse parti del corpo (gambe, addome, polmoni etc).
L'insufficienza cardiaca è la fase terminale di tutte le patologie cardiache, conseguenti all'infarto miocardico.
Nelle fasi avanzate della patologia può verificarsi una anomala contrazione dei due ventricoli, che si contraggono in maniera asincrona piuttosto che contemporaneamente come si verifica nel cuore sano.
Il cuore, pertanto, non è in grado di mantenere la normale sequenza temporale tra contrazione atriale e ventricolare destra e sinistra.
La terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) consiste nell'impianto di un dispositivo collegato a tre elettrocateteri, in grado di stimolare il cuore in maniera fisiologica eliminando l'asincronia tra le camere cardiache e ripristinando la normale funzionalità del cuore.
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Radiografia del torace della paziente |
Il primo ricovero effettuato dalla paziente presso un'altra struttura sanitaria, evidenziava una stenosi subocclussiva dell'arteria coronaria discendente anteriore e della coronaria destra. La donna subiva un intervento di angioplastica coronarica percutanea, ma nel decorso post-operatorio continuava ad accusare una grave alterazione della frequenza respiratoria (dispnea).
Gli ulteriori accertamenti effettuati tramite ecocardiogramma, documentavano gli esiti dell'infarto e una depressione della funzione cardiaca. Da quel momento la paziente, nell'arco di cinque anni, ha subito ben quattro ricoveri presso altre strutture sanitarie. La donna, in questi ricoveri, è stata sottoposta a tutti gli accertamenti ed i test del caso e veniva rilevato che non erano eseguibili ulteriori interventi di rivascolarizzazione sulle sue coronarie. Pur procedendo con una massiccia terapia farmacologia, la donna continuava ad accusare gravi difficoltà respiratorie (anche per sforzi di lieve entità) e si manifestavano ulteriori problemi nella vestizione (NYHA III).
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Defibrillatore (ICD) con Terapia di Resincronizzazione Cardiaca (CRT) impiantato nella paziente |
Il progressivo peggioramento delle condizioni di salute della paziente, consigliava il ricovero presso l' U.O. di Cardiologia della Fondazione Istituto San Raffaele - G. Giglio di Cefalù. Tra gli accertamenti effettuati, dopo il ricovero nella nostra struttura, l'ecocardiogramma confermava gli esiti del pregresso infarto del miocardio, rilevando segni di insufficienza cardiaca (frazione di eiezione 25%) evidenziati anche dalla radiografia del torace (foto 1). La terapia farmacologia cui sottoporre la donna, era già stata ottimizzata prima del suo ricovero. In considerazione del pregresso infarto del miocardio e dell'insufficienza cardiaca conseguente, è stato deciso di sottoporre la paziente all' impianto di un defibrillatore biventricolare. Il pregresso infarto, con depressione della funzione cardiaca, esponeva la paziente ad un elevato rischio di aritmie cardiache maligne, tra le principali responsabilità di morte improvvisa.
Pertanto si è scelto di utilizzare un congegno (defibrillatore) adatto a trattare le aritmie descritte in precedenza. Il dispositivo impiantato (foto 2) è tra i più moderni ritrovati della tecnologia medica, ed è stato appena lanciato sul mercato negli Stati Uniti. Si tratta della prima apparecchiatura con tecnologia senza fili (wireless) impiantata in Sicilia: uno dei principali vantaggi che offre l'utilizzo di questo dispositivo, è quello di poter garantire una migliore assistenza alla paziente, consentendo il controllo del congegno a distanza. Questa possibilità consente di evitare l'utilizzo, in fase operatoria, di altre apparecchiature che potrebbero venire a contatto con il campo sterile, accelerando, di conseguenza, i tempi della procedura.
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La sala di aritmologia dove viene eseguito l'intervento |
Tale tecnologia, inoltre, mira a migliorare la sinergia tra la rete dei cardiologi del territorio ed il centro d'impianto, oltre a consentire di effettuare i controlli periodici in tempi più brevi. Avere il proprio defibrillatore impiantato e sotto controllo aumenta la consapevolezza di ogni paziente sulle proprie condizioni fisiche ed aiuta a rimuovere le residue barriere verso le terapie con questa tecnica. Il decorso post-operatorio della paziente è stato regolare. La donna è stata dimessa in ottime condizioni di compenso emodinamico, mostrando un notevole beneficio clinico con riduzione della dispnea (affanno), che adesso si manifesta soltanto per sforzi di una certa intensità (NYHA II).
Ufficio Stampa | |
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@hsrgiglio |
La Fondazione Istituto San Raffaele G. Giglio di Cefalù, oggi Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù, veniva istituita il 17 gennaio del 2003 attraverso una joint venture tra la Regione Siciliana, il Comune di Cefalù, l'Azienda USL 6 di Palermo, oggi Asp, e la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano. Rappresentava uno dei primi modelli in Italia di sperimentazione pubblica-privata per la gestione di un ospedale pubblico, secondo quanto previsto dall'articolo 9 bis della legge n. 502 del 1992.
Fondazione Istituto
G. Giglio di Cefalù
Contrada Pietrapollastra - Pisciotto
90015 Cefalù (PA)
Tel: +39 0921 920 111
PEC:
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